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    Iva Berasi - articoli, lettere e interviste dalla stampa
          
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Trento, 29 dicembre 2007
LA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE DAGLI AIUTI ALLA RELAZIONE
Cooperazione da ripensare
di Iva Berasi
da l’Adige di sabato 29 dicembre 2007

La globalizzazione, l’interdipendenza, l’impossibilità di separare Nord da Sud, ricco da povero, con ciascun paese ricco che ha le sue sacche di povertà e ciascun paese povero che ha le sue isole di ricchezza, ma ogni paese è ricco di culture, risorse, saperi; tutto questo impone un ripensamento globale della Cooperazione allo sviluppo. Oggi non ha più senso impostare politiche di cooperazione riferite unicamente alla componente dell’aiuto. L’elemento centrale diventa quello della relazione.

È per questo che credo (e come Provincia autonoma di Trento in questi anni lo abbiamo sperimentato con successo), nel modello dei partenariati territoriali, in cui due comunità lavorano per rinforzare i legami, interni alla comunità innanzitutto e tra le due comunità poi. Questo approccio funziona però solo se viene costruito dal basso. L’esperienza della cooperazione decentrata, che non è la cooperazione degli enti locali, ma delle persone, delle comunità locali, con tutte le loro componenti compresa ovviamente quella istituzionale, è il fenomeno più interessante di questi ultimi anni di impegno nella Solidarietà Internazionale.

Laddove la cooperazione tradizionale e la diplomazia hanno dimostrato le loro difficoltà e qualche volta fallimenti, le relazioni territoriali hanno saputo costruire risposte, sicuramente parziali, ma emblematiche, che dimostrano nel concreto che un modo diverso, più giusto, equo e sostenibile di costruire relazioni internazionali è possibile. Sarebbe miope da parte del governo non riconoscere e valorizzare questo patrimonio, adducendo l’esclusività della politica estera. Sono la prima ad essere contraria alla costituzione di 20 o 100 politiche estere, riconosco il rischio di frantumazione e dispersione degli interventi, chiedo però che a queste debolezze non si risponda burocraticamente semplicemente riaffermando che la politica estera è competenza esclusiva dello Stato, ma in senso positivo favorendo il coordinamento e la messa in rete delle centinaia di iniziative positive promosse e realizzate dalle comunità locali in questi anni.

Le iniziative decentrate non vanno mortificate ma sostenute perché rappresentano un valore per l’intero sistema Italia. Anche la banca mondiale riconosce che la partecipazione sociale è l’arma più potente per combattere la povertà, ma non si può sperare di avere partecipazione sociale se non si valorizzano le spinte e le risorse che provengono dalle comunità diversamente organizzate.

Ritengo si debba allargare l’ambito di riflessione nazionale al sistema glocale nella consapevolezza che il destino è uno e unico; quello che faccio e come lo faccio qui ed oggi ha un’influenza diretta su quello che fa un contadino senegalese o peruviano.

Se tutti i popoli avessero il nostro livello di consumo e produzione scarti non basterebbero tre pianeti. Anche il Trentino vive con uno standard di vita come se avesse a disposizione un territorio tre volte e mezzo più grande (impronta ecologica). Sobrietà e senso del limite non compromettono il nostro standard di vita ma ne possono migliorare la qualità valorizzando quello che siamo e non ciò che possediamo.

Se non si vuole che la Cooperazione allo Sviluppo o meglio la Solidarietà Internazionale rappresenti semplicemente uno strumento di parziale riparazione dei danni e delle ingiustizie provocati dalle scelte politiche ed economiche dei Paesi ricchi nei confronti dei Paesi poveri è necessario garantire coerenza tra tutte le politiche e la politica di cooperazione.

Altrimenti rischiamo di dare con una mano e riprenderci il doppio e oltre con due. Commercio internazionale, internazionalizzazione delle imprese, politiche dell’immigrazione, dovrebbero far parte di un’unica visione complessiva di politica estera. Da questo punto di vista ben venga il fondo unico previsto dalla legge delega di riforma della cooperazione. Più giustizia e meno aiuti dovrebbe essere lo slogan che accompagna le scelte strategiche in questo ambito. Viste le premesse (globalizzazione, interdipendenza) non ha più senso distinguere tra politiche per lo sviluppo e politiche di cooperazione allo sviluppo, si tratta di progetti di interscambio, con i Paesi cosiddetti in via di sviluppo, che coinvolgono anche il mondo delle imprese, basati però su alcuni capisaldi molto chiari, di un Codice Etico d’azione.

Nessun intervento che non rispetti le convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) in materia di diritti del lavoro, dell’ambiente e di responsabilità sociale. Una diversa filosofia e qualità della nuova Cooperazione allo Sviluppo non sono disgiunte dal problema di fondo delle risorse a disposizione. Nonostante una lieve inversione di tendenza il nostro Paese è decisamente inadempiente, rispetto agli impegni internazionali assunti. È utopistico o velleitario prevedere nella legge di riforma della 49/87 un obbligo a destinare alle attività di cooperazione allo sviluppo non meno dello 0,51% del PIL entro il 2010 e lo 0,7% entro il 2015?

La Provincia di Trento, da questo punto di vista ha una buona pratica da mettere a disposizione. La nostra legge provinciale n. 4 del 15 marzo 2005 sulla solidarietà internazionale prevede infatti che si destinino a queste attività non meno dello 0,25% del bilancio provinciale in termini di entrate. È questo un modo concreto per garantire certezza ai finanziamenti, per affermare che non stiamo facendo della carità ma un atto di giustizia per slegare infine l’impegno dall’una o l’altra maggioranza politica che si troverà a governare.

È significativo che non si sia levata una sola voce critica, in tutta la nostra provincia, rispetto a questa scelta. Un ultimo accenno la necessità di adottare negli interventi un approccio di genere. Le donne sono al contempo coloro che maggiormente subiscono le ingiustizie e le discriminazioni ma sono anche le leve su cui puntare con convinzione per promuovere processi di autosviluppo sostenibile partendo dalla valorizzazione e dal miglioramento della condizione femminile.

Sono numerose le donne e le reti al femminile che stanno operando per migliorare la situazione di comunità e paesi,che lottano per cancellare l’odio e la distruzione, impegnate nella costruzione di un mondo di pace e armonia tra i viventi.
Un mondo migliore è possibile!

«I have a dream».

Iva Berasi
Assessore provinciale alla Cooperazione internazionale, pari opportunità e sport

 

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